Eccoci al terzo appuntamento di UPPI Jesolo dedicato al tema dei DIRITTI REALI.
In questo articolo, l’Avv. Luigi Sclebin approfondisce gli altri due essenziali aspetti del DIRITTO DI PROPRIETA’ modellato dall’art. 42 della Costituzione, ossia il suo CONTENUTO e i suoi LIMITI.
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Avv. Luigi Sclebin
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LA PROPRIETA’ (parte seconda)
Dopo aver esaminato il concetto di diritto di proprietà che traspare dalla Costituzione e dal codice civile italiano, è il caso di soffermarsi sui limiti di questo diritto e sulle sue forme di tutela.
Tradizionalmente, l’oggetto più importante della proprietà era il fondo, sul quale il Dominus poteva esercitare il suo illimitato dominio, tanto che questo dominio si riteneva esteso usque ad sidera et usque ad inferos, cioè fino alle stelle e fino al sottosuolo.
Una eco di questa antica tradizione si ritrova nell’art. 840 del codice civile, dove si legge che la proprietà del suolo si estende al sottosuolo, con tutto ciò che vi si contiene, e il Proprietario può fare qualsiasi escavazione od opera che non rechi danno al vicino, fatte comunque salve, prosegue la norma, le altre limitazioni previste dalle leggi.
La limitazione generale, che vale per tutti i fondi immobiliari, è ricordata nello stesso articolo, al secondo comma: il Proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi che si svolgono a tale profondità nel sottosuolo o a tale altezza nello spazio soprastante, che egli non abbia interesse ad escluderle.
Difficilmente, dunque, il Proprietario di un terreno avrebbe ragione di lamentarsi di un aereo che sorvola a quote elevate la sua proprietà, o dello scavo di una galleria sotterranea per la realizzazione di una linea della metropolitana!
Oltre a questa limitazione, che è più di ordine materiale che legale, la legge impone altri limiti al diritto di proprietà nell’interesse pubblico o nell’interessi di altri soggetti privati.
Nel ricordare la volta scorsa l’art. 42 della Costituzione, avevamo appreso che la legge si preoccupa acché la proprietà svolga anche una funzione sociale.
Ne sono testimonianza moltissime norme, a partire da quelle urbanistiche ed edilizie che impongo al Proprietario di costruire in un determinato modo e rispettando i parametri e le destinazioni impresse dal piano regolatore comunale.
L’esigenza di garantire la funzione sociale della proprietà può arrivare al punto di legittimare la sua espropriazione nei casi e nei modi previsti dalla legge.
Nell’interesse prevalentemente privato, invece, sono posti i limiti che riguardano le distanze minime tra le costruzioni (art. 873 cod. civ.), le altezze e le caratteristiche che devono avere le luci e le vedute che si aprono sul fondo vicino e la regimentazione delle acque.
Importante in quest’ottica è il c.d. divieto di immissioni stabilito dall’art. 844 del codice civile: è possibile, infatti, che a causa della vicinanza dei fondi, si propaghino da un immobile all’altro fumo, calore, esalazioni, rumori, ecc.
Il codice non vieta l’eventualità di questi fenomeni, ma intende impedire che essi possano superare la normale tollerabilità, avuto riguardo alla destinazione dei fondi coinvolti, alla condizione dei luoghi, all’entità delle stesse immissioni e alle conseguenze che queste possono avere sulla salute delle persone.
Insomma, ricapitolando: la proprietà è il diritto di godere e di disporre della cosa in modo pieno ed esclusivo, ma nei limiti della sua funzione sociale e nel rispetto dei vicini.
COME LA LEGGE TUTELA IL DIRITTO DI PROPRIETA’?
All’interno di questi confini ed entro questi limiti, come tutela la legge il diritto di proprietà?
Il principio generale, che vale per tutti i diritti, è che nessuno può farsi giustizia da solo e che se le Parti non riescono a risolvere una controversia tra di loro devono rivolgersi al Giudice competente.
La prima forma di tutela che la legge appresta per garantire il godimento del diritto di proprietà è la possibilità di recuperare la cosa nei confronti di chiunque la possieda senza titolo.
Si tratta della c.d. azione di rivendicazione, ossia del potere riconosciuto al legittimo Proprietario di rivolgersi al Giudice per chiedere la restituzione della cosa da parte di chiunque la detenga, anche se non è stato il responsabile della sottrazione, perché magari l’ha ricevuta in buona fede da altri.
Tale possibilità, però, non è assoluta: propria perché la proprietà non può andare a discapito della sua utilità sociale, il Legislatore ha voluto assicurare la certezza degli scambi commerciali, che sarebbe compromessa se chi acquista in buona fede da chi non è Proprietario potesse in seguito essere citato in giudizio dall’effettivo Proprietario che voglia ottenere la restituzione della cosa.
Per questo la legge ha previsto la c.d. usucapione immediata dei beni mobili, in virtù della quale il Soggetto che acquista in buona fede la cosa mobile, senza poter ragionevolmente sospettare che apparteneva ad altri, fa salvo immediatamente il suo acquisto e il Proprietario potrà soltanto rivolgersi contro l’autore dello spossessamento per richiederne il risarcimento del danno.
Altra interessante azione a difesa della proprietà fondiaria è la c.d. azione negatoria, in forza della quale il Proprietario di un immobile può opporsi che il vicino eserciti un diritto di servitù sul suo terreno, ad es. pretendendo di passare attraverso il suo fondo per accedere ad un’altra proprietà.
Naturalmente, anche questo potere di opporsi conosce dei limiti, sia nell’interesse pubblico che privato, cosicché, ad esempio, se il fondo del vicino è intercluso, ossia non ha un autonomo accesso alla via pubblica, il Proprietario del fondo confinante potrà essere tenuto a consentire il passaggio sul suo fondo, a fronte del pagamento di una indennità stabilita dal Giudice.
Pesi e contrappesi, dunque, nel perseguimento dell’obbiettivo, mai completamente raggiunto, di trovare il giusto equilibrio per il “terribile” diritto di proprietà.
Autore dell’articolo: Avv. Luigi Sclebin – Patrocinante in Cassazione