LA PROPRIETA’, IL TERRIBILE DIRITTO (parte prima)

Eccoci al secondo appuntamento di UPPI Jesolo dedicato al tema dei DIRITTI REALI.

In questo approfondimento, l’Avv. Luigi Sclebin ci spiega come si è evoluto nel tempo e nella società civile il concetto di PROPRIETA’ e approfondisce cosa prevede la Legge per il DIRITTO DI PROPRIETA’, che costituisce, appunto, il più importante tra i diritti reali immobiliari.

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Esperto in diritto immobiliare:
Avv. Luigi Sclebin
Patrocinante in Cassazione
Via A. Aleardi, 18 – 30016 Jesolo (VE)
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Tel. +39 0421 381907 – Fax +39 0421 386227

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LA PROPRIETA’

Due gran terzi degli uomini son condannati ad avere dei litiggi per la conservazione di quella stessa proprietà da cui dipende la conservazione del loro individuo, e due gran terzi di detti litiggi sono il trionfo della prevaricazione e dell’errore. Donde mai nasce un tanto male, e quale ne è il rimedio?”

Così scriveva alla fine del ‘700 un giurista e filosofo illuminista italiano, Ruffino Massa di Mentone, che, nel suo libro “De l’abuso de’ litiggi” definiva la proprietà come “il terribile diritto”, origine e causa di tanti litigi e discordie tra gli uomini: un male quindi, ma nondimeno un male utile e necessario.

Diversamente infatti da altre correnti di pensiero dell’epoca, il Ruffino non propugnava l’abrogazione della proprietà, ma ne sollecitava una più saggia ed equa distribuzione tra i cittadini.

Certamente, il concetto di proprietà, per le importanti implicazioni di ordine economico e sociale che involge, rappresenta l’indicatore più immediato del tipo di sistema politico che quel concetto riconosce ed esprime.

Si può dire che tutte le numerose trasformazioni degli ordinamenti sociali e politici del passato hanno coinvolto altrettante trasformazioni del concetto di proprietà e del suo significato giuridico.

L’ultima in ordine di tempo di queste trasformazioni, per quanto riguarda l’Italia, è scolpita nell’art. 42 della nostra Costituzione, entrata in vigore nel gennaio del 1948, il cui primo comma esordisce affermando: “la proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato ad enti o a privati”; per poi subito dopo aggiungere: “la proprietà privata è riconosciuta dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione sociale e renderla accessibile a tutti”.

Ebbene, seguendo l’ordine del dettato costituzionale, quali sono i modi con cui la legge garantisce l’acquisto, il godimento e i limiti della proprietà?

Ma prima ancora, qual è il concetto di proprietà che ha adottato la nostra Costituzione (e che quindi caratterizza ai massimi livelli il nostro sistema politico)?

Il primo indizio lo troviamo nell’art. 832 del codice civile (che pure è stato pubblicato prima della Costituzione), dove si dice che “il proprietario ha il diritto di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico”.

Ecco, dunque, che la proprietà è il diritto digoderedella cosa, cioè di utilizzarla a proprio beneficio esclusivo, ricavando da essa tutte le utilità che può dare, purché le attività di sfruttamento rimangano lecite (ad es., se ho un terreno edificabile, vi posso costruire sopra nel rispetto delle normative urbanistiche ed edilizie).

Ma la proprietà è anche il diritto di “disporredella cosa, ossia di cederla a Terzi, di prestarla, di costituire sulla stessa un diritto reale minore (es. usufrutto) e finanche liberamente di distruggerla (fatta salva la preservazione delle cose di interesse generale, come ad esempio i beni storici o artistici, o i beni di rilevante interesse per la produzione nazionale).

Queste facoltà inerenti al diritto di proprietà (“godere” e “disporre”) presuppongono necessariamente che essa abbia i caratteri dell’esclusività e della perpetuità: non possono coesistere due diritti di proprietà sulla stessa cosa (al limite può sussistere la comunione sulla cosa, cioè l’unico diritto di proprietà è ripartito variamente in quote tra due o più soggetti titolari dello stesso), così come non esistono limiti temporali alla proprietà, il cui Titolare non perde il suo diritto per l’eventuale mancato uso negli anni (salvo gli effetti dell’usucapione, che richiede però la prova che quello stesso diritto per oltre venti anni è stato usato da un Terzo con l’intento di farlo proprio).

COME SI ACQUISTA, OVVERO, COME SI DIVENTA PROPRIETARI DI UN BENE?

Tradizionalmente i modi di acquisto della proprietà vengono distinti in modi di acquisto a titolo originario e a titolo derivativo.

I primi vengono così definiti perché l’acquisto della cosa non dipende dalla cessione della stessa da parte di un precedente Proprietario. Ad esempio, il pescatore che raccoglie i pesci finiti nella sua rete, non li acquista da nessuno, ma li fa propri per effetto della sua attività: è il fenomeno c.d. dell’ “occupazione”, che consiste nella presa di possesso delle cose che non sono di nessuno o che sono state abbandonate.

Naturalmente, questa forma di impossessamento vale solo per le cose mobili, posto che gli immobili, se non ne risulta la proprietà privata, sono dello Stato.

Simile all’occupazione è l’invenzione, che consiste nel ritrovamento di un bene smarrito dal Proprietario, sempre che in seguito non ne rivendichi il diritto (nel qual caso all’ “Inventore”, cioè a chi lo ha trovato, spetta solo un equo compenso).

Si hanno poi le modalità di acquisto per “accessione, commistione o specificazione”: L’accessione è quel principio per cui se qualcuno, per errore o anche scientemente, costruisce sul suolo altrui, perde la proprietà dei materiali di costruzione e tutto quanto realizzato diventa automaticamente di proprietà del Proprietario del terreno (salvo, a seconda delle circostanze, il diritto al rimborso delle spese a favore del Costruttore e fermo restando la possibilità di tenere separate le proprietà dei materiali e quella del suolo attraverso la preventiva costituzione di un diritto di superficie).

La commistione (o unione) si verifica propriamente quando una cosa viene incorporata in un’altra e, a seguito di ciò, sorge una comunione tra i due (o più) Proprietari delle due (o più) cose in precedenza separate, i quali diventano contitolari in comunione della nuova cosa risultante dalla fusione (ad es., il rame di proprietà di Tizio viene fuso con lo stagno di proprietà di Caio per formare una lega di bronzo, che a quel punto diviene automaticamente di comproprietà di Tizio e Caio, in proporzione al valore dei rispettivi apporti).

La specificazione, invece, si ha quando un nuovo oggetto viene creato da una materia grezza e chi lo ha realizzato ne diviene Proprietario per effetto del suo lavoro, anche se la materia era di proprietà di altri (sempre che, ovviamente, il possesso ne fosse legittimo e purché il valore della materia non fosse abbondantemente superiore a quello del lavoro svolto per creare l’oggetto: difficilmente l’orefice diventerebbe proprietario dell’oro massiccio dal quale ha tratto un prezioso monile!).

Una fondamentale (e particolare) forma di acquisto a titolo originario è l’usucapione, vale a dire l’acquisizione della proprietà su di un bene per effetto dell’esercizio del possesso prolungato ed ininterrotto per il numero di anni previsto dalla legge.

Per ora si può solo accennare a questo importante istituto che spesso consente di individuare il Proprietario di un bene immobile senza dover risalire nel tempo ai vari passaggi che hanno preceduto l’ultimo acquisto del bene, ma solo fermandosi a considerare la successione nel possesso di quel bene nei venti anni precedenti (o anche soltanto nei dieci anni precedenti, in presenza di determinate circostanze).

Se quindi la proprietà non sempre si riceve da altri, è vero anche però che i modi di acquisto a titolo derivativo sono quelli più frequenti e, per certi aspetti, più importanti.

La prima modalità “derivata” è attraverso uno dei numerosi atti di trasferimento della proprietà ben conosciuti dalla prassi. Il più noto di tutti (se non altro per il suo uso pressoché quotidiano) è sicuramente l’atto di compravendita. Ogni giorno ciascuno di noi effettua qualche atto di compravendita, piccolo o grande che sia: dal giornale in edicola, dal caffè al bar, al pane, ai generi alimentari, ecc.

La compravendita indubbiamente è il modo di acquisto della proprietà più diffuso, tuttavia la prassi commerciale ha nel tempo creato nuovi tipi di atti di trasferimento, come ad esempio il riscatto dell’oggetto del leasing o la permuta.

L’acquisto a titolo derivativo implica soltanto che il bene, che prima era di proprietà del Soggetto Cedente, dopo l’acquisto passa al Soggetto Cessionario, ma non presuppone anche che alla base del trasferimento della proprietà vi sia sempre uno scambio: ecco perché la donazione è un atto di acquisto a titolo derivativo, ma non un atto di scambio, né il risultato di una controprestazione.

 A volte, però, l’acquisto corrisponde in realtà ad una perdita: è il caso del Privato che si vede espropriare il proprio bene dallo Stato per finalità di pubblico interesse.

Infine, acquisito a titolo derivativo è quello che avviene nel caso di morte del Titolare. Si apre allora la fase di successione nei diritti e nelle obbligazioni lasciate dal de cuius, fase al termine della quale verrà stabilito chi subentra nel patrimonio del Defunto, diventandone quindi il nuovo Proprietario Erede se subentra nell’intero patrimonio del Defunto o in una sua quota, Legatario se succede solamente nell’acquisto di un singolo bene ereditario).

Nella prossima puntata di questo appassionante viaggio nei diritti reali, vedremo più a fondo gli altri due essenziali aspetti del diritto di proprietà modellato dall’art. 42 della Costituzione, ossia il suo contenuto e i suoi limiti.

Autore dell’articolo: Avv. Luigi Sclebin – Patrocinante in Cassazione

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